Questo racconto fa parte di una raccolta del famoso scrittore di gialli Henry Slesar e ispirò una serie televisiva famosissima negli anni Sessanta, intitolata Ai confini della realtà.
La storia è ambientata in un futuro non definito, in cui i governi autoritari e repressivi avranno la meglio sui migliori individui.
I Jordan non parlarono mai dell’esame, o almeno non ne parlarono fino al giorno in
cui Dickie compì dodici anni.
Fu solo quella mattina che la signora Jordan accennò per la prima volta all’esame in presenza del figlio, e il suo tono angustiato provocò una risposta secca del marito.
Fu solo quella mattina che la signora Jordan accennò per la prima volta all’esame in presenza del figlio, e il suo tono angustiato provocò una risposta secca del marito.
«Non ci pensare ora» disse bruscamente. «Se la caverà
benissimo».
Stavano facendo colazione, e il ragazzo alzò la testa dal piatto, incuriosito.
Stavano facendo colazione, e il ragazzo alzò la testa dal piatto, incuriosito.
Era un ragazzetto dallo sguardo sveglio, con capelli ricci e modi vivaci. Non capì il motivo dell’improvvisa tensione che si era creata nella stanza,
ma sapeva che era il giorno del suo compleanno e desiderava che
tutto andasse bene.
Da qualche parte nel piccolo appartamento erano nascosti dei pacchetti infiocchettati che aspettavano di essere aperti, e nella minuscola cucina retrattile qualcosa di molto appetitoso stava cuocendo nel forno automatico.
Lui voleva che quel giorno fosse felice, e il velo umido che aveva appannato gli occhi di sua madre, l’espressione torva sul volto di suo padre, minacciavano ora di guastargli la festa.
Da qualche parte nel piccolo appartamento erano nascosti dei pacchetti infiocchettati che aspettavano di essere aperti, e nella minuscola cucina retrattile qualcosa di molto appetitoso stava cuocendo nel forno automatico.
Lui voleva che quel giorno fosse felice, e il velo umido che aveva appannato gli occhi di sua madre, l’espressione torva sul volto di suo padre, minacciavano ora di guastargli la festa.
«Quale esame?» chiese.
La madre guardò l’orologio sul tavolo, «È solo una specie di test d’intelligenza che il
governo fa fare a tutti i bambini all’età di dodici anni. Tu dovrai sostenerlo la prossima settimana. Non c’è nulla di cui preoccuparsi.»
«Vuoi dire un test come quelli di scuola?»
«Qualcosa del genere,» disse il padre alzandosi di scatto.
«Vai a leggerti un giornalino, Dickie.»
Il ragazzo si alzò e si diresse svogliatamente verso l’angolo del soggiorno
che era sempre stato il suo angolo, fin da piccolo. Sfogliò per qualche istante
un giornalino a fumetti, ma le sue strisce a colori vivaci non sembrarono
divertirlo. Andò alla finestra e restò a guardare malinconicamente il velo di
vapore che appannava i vetri.
«Perché deve piovere proprio oggi?» si disse. «Perché non può piovere
domani?»
II padre, ora sprofondato in poltrona con il giornale
governativo tra le mani, spiegazzò rumorosamente i fogli, irritato.
«Perché piove, ecco perché. La pioggia fa crescere l’erba.»
«Perché, papà?»
«Perché sì, che domande, Dickie» corrugò la fronte. «Ma che
cosa la rende verde, poi? L’erba, voglio dire.»
«Nessuno lo sa,» tagliò corto il padre, pentendosi immediatamente per la
sua asprezza.
Poi, a poco a poco, quel giorno tornò il giorno del suo
compleanno.
La madre sorrideva con tenerezza quando entrò con i
pacchetti gaiamente colorati, e persino il padre rimediò un sorriso e gli scompigliò
i capelli.
Dickie baciò la mamma e strinse gravemente la
mano al padre. Venne servita la torta di compleanno,
e la festa finì.
Un’ora dopo, seduto accanto alla finestra, guardava il sole che si faceva
strada tra le nuvole.
«Papà,» chiese, «quant'è lontano il sole?»
«Diecimila chilometri,» rispose il padre.
Il lunedì seguente, seduto a tavola per la colazione,
Dickie vide di nuovo gli occhi della madre
farsi lucidi. Ma non collegò queste lacrime con l’esame finché il padre non tirò fuori bruscamente l’argomento.
«Be’, Dickie,» annunciò con un’aria più scura che mai, «tu hai un appuntamento
per oggi.»
«Capisco, papà. Spero...»
«Non c’è niente da preoccuparsi, adesso. Migliaia di bambini fanno quel
test ogni giorno. Il Governo vuole solo sapere quanto sei in gamba, Dickie. Si
tratta solo di questo.»
«Ho preso sempre buoni voti a scuola,» disse il ragazzo,
esitante.
«Questa volta è diverso. Si tratta di... di
un test di tipo speciale. Ti danno quella roba da bere, e poi ti fanno entrare in una stanza dove c’è una specie
di macchina...»
«Quale roba da bere?» chiese Dickie.
«Oh, niente. Sa di menta. È solo per essere certi che uno
risponde sinceramente alle domande. Non che il Governo pensi che tu non diresti
la verità, ma quella roba li rende proprio sicuri.»
La faccia di Dickie manifestava tutta la sua sorpresa, e un’ombra di paura.
Guardò la madre, e lei si costrinse a un vago sorriso.
«Andrà tutto bene, vedrai,» disse al figlio.
«Certo che andrà tutto bene,» ribadì il
padre. «Tu sei sempre stato un bravo bambino, Dickie, e te la
caverai benissimo.
Poi torneremo a casa e faremo una festa. D’accordo?»
«D’accordo,» disse Dickie.
Arrivarono al palazzo governativo dell’Istruzione Popolare quindici minuti prima dell’ora fissata. Traversarono un grande atrio a colonne, passarono sotto un’arcata, ed
entrarono in un ascensore che li portò all’ottavo piano.
Lì trovarono un usciere che chiese il nome di Dickie, e
controllò accuratamente una lista prima di accompagnarli alla sala 804.
La sala era fredda e ufficiale come un tribunale, con lunghe
panche affiancate a tavoli metallici. C’erano già numerosi padri e
figli, e una donna, dalle labbra sottili e i capelli corti e neri, distribuiva
dei moduli.
Il signor Jordan riempì il foglio e lo restituì all’impiegata.
Poi disse a
Dickie: «Non sarà una cosa lunga, vedrai. Quando senti chiamare il tuo
nome, devi solo entrare in quella porta là in fondo».
E gli indicò la porta con la mano.
E gli indicò la porta con la mano.
Un altoparlante crepitò e chiamò quindi il primo nome.
Dickie vide un ragazzo, più o meno della sua età, lasciare con riluttanza la
mano del padre e dirigersi lentamente verso la porta.
Alle undici e cinque chiamarono il nome Jordan.
«Buona fortuna, figliolo,» disse il padre senza guardarlo.
«Quando il test sarà finito, mi telefoneranno e verrò a riprenderti.»
Dickie si avvicinò alla porta e girò la maniglia. La nuova
stanza gli sembrò buia e a malapena riuscì a distinguere la sagoma del
funzionario in tunica grigia che lo salutò.
«Siediti,» disse gentilmente l’uomo, indicandogli un alto sgabello davanti
alla sua scrivania. «Ti chiami Richard Jordan?»
«Sì, signore.»
«Il tuo numero è 600115. Bevi questo, Richard.»
Prese un bicchiere di plastica già pronto sulla
scrivania e lo porse al ragazzo. Il liquido che vi era
contenuto aveva la consistenza del siero di latte, e sapeva
molto vagamente della menta promessa. Dickie lo mandò giù d’un fiato.
Sedette in silenzio, sentendosi invadere da una strana sonnolenza, mentre l’uomo scriveva con aria molto indaffarata qualcosa su un foglio.
Dopo qualche tempo guardò l’orologio, poi si alzò, chinandosi in avanti fino a trovarsi a pochi centimetri dalla faccia di Dickie. Sfilò dal taschino una sottile lampada a pila e proiettò uno stretto fascio di luce negli occhi del ragazzo.
Dopo qualche tempo guardò l’orologio, poi si alzò, chinandosi in avanti fino a trovarsi a pochi centimetri dalla faccia di Dickie. Sfilò dal taschino una sottile lampada a pila e proiettò uno stretto fascio di luce negli occhi del ragazzo.
«Bene» disse. «Vieni con me, Richard.»
Condusse Dickie all’altra estremità della stanza, dove una solitaria poltroncina
di metallo era disposta di fronte a una macchina con molti quadranti. C’era anche un microfono, di cui il funzionario regolò l’altezza.
«Cerca ora di rilassarti, Richard. Ti saranno solo rivolte
delle domande, e tu pensaci su bene prima di rispondere. Poi dì le tue risposte
nel microfono. La macchina penserà al resto.»
«Sissignore.»
«Ti lascio solo ora. Quando vuoi cominciare, basta che tu
dica pronto nel microfono.»
«Sissignore.»
L’uomo gli battè un colpetto sulla spalla, e se ne andò.
«Pronto,» disse Dickie.
Una fila di luci si accese sulla macchina, un meccanismo
ronzò. Poi una voce disse:
«Completa questa sequenza: uno, quattro, sette, dieci...»
Il signore e la signora Jordan sedevano in soggiorno, senza
dire una parola, senza nemmeno azzardarsi a pensare.
Erano quasi le quattro quando squillò il telefono.
La donna cercò di raggiungere per prima l’apparecchio, ma il marito fu
più svelto.
«Il signor Jordan?»
Era una voce secca, dal tono sbrigativo, ufficiale.
«Sì, dite pure.»
«Qui è il Servizio Istruzione Popolare, Vostro
figlio, Richard M. Jordan, ha completato l’esame governativo. Ci rincresce informarvi che il suo quoziente d’intelligenza è risultato di 13,8 punti superiore al normale, per cui abbiamo dovuto procedere a norma dell’articolo 8 2, comma 5, del
Decreto Legge 11-6-93.
La signora Jordan fece un urlo disperato, lacerante, perché
le era bastato leggere l’espressione sulla faccia del marito.
«Potreste specificare per telefono» proseguì la voce
impassibile «se desiderate che il corpo sia inumato a cura del Governo, o
se preferite una sepoltura privata? Il costo di una sepoltura governativa è di
dieci dollari.»
QUESTIONARIO DI COMPRENSIONE E ANALISI
1) Evidenzia nel brano: situazione iniziale, rottura dell'equilibrio, svolgimento e conclusione.
Dividi il testo in macrosequenze e a ciascuna dai un titolo.
2) Per ciascuna di queste affermazioni, specifica se è vera o falsa:
a. Il racconto comincia la settimana prima del dodicesimo compleanno di Dickie.
b. Il giorno del dodicesimo compleanno di Dickie, i suoi genitori sono preoccupati, perché sanno che il figlio dovrà sostenere un esame.
c. I genitori rispondono senza esitazione e correttamente a tutte le domande di Dickie
riguardo all’esame.
d. I genitori sono certi del buon esito dell’esame, perché Dickie ha sempre ottimi risultati scolastici.
e. Dickie viene accompagnato da entrambi i genitori alla scuola dove sosterrà l’esame.
f. Dickie deve bere un liquido fatto dal siero del latte che lo tranquillizzerà.
g. Il governo vuole essere certo che i ragazzi rispondano sinceramente alle domande.
h. Vengono uccisi i ragazzi di dodici anni che hanno il quoziente intellettivo sopra la
norma.
3) Tra la prima parte (ambientata in casa Jordan) e la seconda parte ( nel palazzo governativo) del racconto è presente una ellissi. Individua l'espressione che segnala il salto temporale.
4) Mentre la madre di Dickie mostra tenerezza e apprensione verso il figlio, il padre appare duro nei suoi confronti. Individua nel testo le espressioni impiegate per evidenziare questo atteggiamento e spiega quale stato d'animo nascondono.
5) Nel mondo del futuro immaginato da Slesar nessuno può avere un'intelligenza superiore al livello stabilito dal governo. Per quale ragione, secondo te?
6) Scrivi per ognuna delle seguenti parole
il loro sinonimo presente
nel brano e stabilisci quale potrebbe essere un contrario.
a.
angosciato
b.
di
scatto
c.
rovinargli
d.
corrugò
e.
allegramente
f.
titubante
g.
molti
h.
con sforzo,
a stento
7) Il sovraffollamento costituisce un problema sempre più grande, infatti dipendono dal numero di cittadini le questioni lavorative, abitative, sociali....
Per far fronte a questa situazione, nel racconto che avete appena letto, i governanti decidono di eliminare tutti i dodicenni che risultano troppo intelligenti.
Discutete insieme per trovare una risposta alla seguente domanda: Perché l’intelligenza può essere pericolosa dal punto di vista dei governanti?
7) Il sovraffollamento costituisce un problema sempre più grande, infatti dipendono dal numero di cittadini le questioni lavorative, abitative, sociali....
Per far fronte a questa situazione, nel racconto che avete appena letto, i governanti decidono di eliminare tutti i dodicenni che risultano troppo intelligenti.
Discutete insieme per trovare una risposta alla seguente domanda: Perché l’intelligenza può essere pericolosa dal punto di vista dei governanti?
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