Credo molto nelle potenzialità dei social network e vi sto di fatto spendendo le mie migliori energie. Sono convinta che una scuola 2.0 debba affiancare a un solido studio dei contenuti una diffusione degli stessi in un formato appetibile e soprattutto vicino alle modalità di comunicazione degli studenti, che di certo al giorno d'oggi non scrivono soltanto con carta e penna, ma ricorrono spesso alla leggerezza dei bits. Qualcosa che del resto già Calvino aveva preconizzato nelle sue Lezioni Americane.

Confrontarsi con il pubblico della comunità social, ben più vasto del microcosmo classe (e potenzialmente infinito), proponendo il proprio lavoro, significa per gli studenti sviluppare ottime doti di sintesi nell'esposizione dei contenuti e mantenere buon controllo ortografico. Non solo, essi devono imparare a scrivere in modo accattivante e spigliato, così da ottenere l'attenzione dei lettori, nonché variare il registro stilistico a seconda delle diverse situazioni comunicative.

mercoledì 29 gennaio 2014

Proverbio


Come spiega la stessa etimologia della parola 

(proverbium è un composto di pro- "prima" e -verbum "parola") 

i motti popolari suggeriscono prima con la parola ciò che chiunque può verificare con l'esperienza. 

I proverbi sono, quindi, gli avanzi di un pensiero filosofico antico che si tramandano nella forma di coscienza popolare. 

La parola si fa, in sintesi, maestra della situazione quotidiana.

Qual è il vostro proverbio preferito?


Griglia di analisi strutturale di un testo narrativo




A.    PRESENTAZIONE GENERALE

1.               TITOLO
2.               AUTORE
3.               DATA di composizione
4.               GENERE

B.    GLI ELEMENTI DELLA NARRAZIONE

1.              CHE COSA = LO SVILUPPO DELLA STORIA
Ø             Inizio
§            Narrativo
§            Descrittivo
§            In medias res
Ø             fabula
§            Esposizione
§            Esordio
§            Mutamenti o peripezie
§            Spannung
§            Scioglimento
Ø             intreccio
§            analessi / flashback
§            prolessi / anticipazione
§            digressione
Ø             finale
          
2.               CHI = I PERSONAGGI
Ø             Presentazione:
§            a ritratto / diretta
§            per indizi / indiretta
Ø             Tratti:
§            fisici
§            psicologici
§            ambiente
§            comportamento
§            ideologia
Ø             Tipologia:
§            statica
§            dinamica
Ø             Funzione:
§            protagonista
§            antagonista
§            aiutanti
§            oppositori
§            destinatario
§            destinatore

3.               QUANDO = IL TEMPO
Ø             Tempo della storia
§            Distanza
ü           Mimetica: nessuna elaborazione = distanza minima
ü           Diegetica: rielaborazione dell’autore = distanza + o -
§            ordine
ü           fabula
ü           intreccio
Ø             Tempo del racconto
§            Scena / dialogo 
§            Sommario
§            Ellissi
§            analisi
§            Digressione
§            Pausa

4.               DOVE LO SPAZIO
Ø             Interno / esterno
Ø             Sociale
Ø             Tipo di descrizione:
§            Denotativa
§            Connotativa
Ø             Scopo della descrizione:
§            Informativa
§            Persuasiva
§            poetica

5.               PERCHE’ =
Ø             IL TEMA
Ø             Il MESSAGGIO

6.               COME =
Ø             NARRATORE
§            di 1° / 2° / 3° grado
§            Focalizzazione
ü           Zero = onnisciente
ü           Interna = narratore interno
ü           Esterna = narratore esterno
Ø             STILE
§            Parole e pensieri dei personaggi
ü           Discorso diretto
ü           Monologo
ü           Flusso di coscienza
ü           Discorso indiretto
ü           Discorso indiretto libero
ü           Discorso raccontato
§            Registro
ü           Solenne
ü           Formale
ü           Medio
ü           Colloquiale
§            Ritmo
ü           Paratassi
ü           Ipotassi
§            Figure retoriche
ü           Di ordine
ü           Di significato

Una "monaca singolare"


L'attrice Giovanna Ralli nelle vesti della monaca di Monza

Il suo aspetto, che poteva dimostrar venticinque anni, faceva a prima vista un'impressione di bellezza, ma d'una bellezza sbattuta, sfiorita e, direi quasi, scomposta. 

Un velo nero, sospeso e stirato orizzontalmente sulla testa, cadeva dalle due parti, discosto alquanto dal viso; sotto il velo, una bianchissima benda di lino cingeva, fino al mezzo, una fronte di diversa, ma non d'inferiore bianchezza; un'altra benda a pieghe circondava il viso, e terminava sotto il mento in un soggolo, che si stendeva alquanto sul petto, a coprire lo scollo d'un nero saio. Ma quella fronte si raggrinzava spesso, come per una contrazione dolorosa; e allora due sopraccigli neri si ravvicinavano, con un rapido movimento. 

Due occhi, neri neri anch'essi, si fissavano talora in viso alle persone, con un'investigazione superba; talora si chinavano in fretta, come per cercare un nascondiglio; in certi momenti, un attento osservatore avrebbe argomentato che chiedessero affetto, corrispondenza, pietà; altre volte avrebbe creduto coglierci la rivelazione istantanea d'un odio inveterato e compresso, un non so che di minaccioso e di feroce: quando restavano immobili e fissi senza attenzione, chi ci avrebbe immaginata una svogliatezza orgogliosa, chi avrebbe potuto sospettarci il travaglio d'un pensiero nascosto, d'una preoccupazione familiare all'animo, e più forte su quello che gli oggetti circostanti. 

Le gote pallidissime scendevano con un contorno delicato e grazioso, ma alterato e reso mancante da una lenta estenuazione. 

Le labbra, quantunque appena tinte d'un roseo sbiadito, pure, spiccavano in quel pallore: i loro moti erano, come quelli degli occhi, subitanei, vivi, pieni d'espressione e di mistero. 

La grandezza ben formata della persona scompariva in un certo abbandono del portamento, o compariva sfigurata in certe mosse repentine, irregolari e troppo risolute per una donna, non che per una monaca. 

Nel vestire stesso c'era qua e là qualcosa di studiato o di negletto, che annunziava una monaca singolare: la vita era attillata con una certa cura secolaresca, e dalla benda usciva sur una tempia una ciocchettina di neri capelli; cosa che dimostrava o dimenticanza o disprezzo della regola che prescriveva di tenerli sempre corti, da quando erano stati tagliati, nella cerimonia solenne del vestimento.

dal capitolo 9 de "I promessi sposi" di Alessandro Manzoni.


martedì 28 gennaio 2014

Plinio il Vecchio - Sulla fragilità dell'uomo

Naturalis Historia Libri XXXVII
Gaius Plinius Secundus – Plinius Maior
Liber VII
introductio

[1] Mundus et in eo terrae, gentes, maria, flumina insignia, insulae, urbes ad hunc modum se habent, animantium in eodem natura nullius prope partis contemplatione minore, si quidem omnia exsequi humana animus queat.
Principium iure tribuetur homini, cuius causa videtur cuncta alia genuisse natura, magna, saeva mercede contra tanta sua munera, ut non sit satis aestimare, parens melior homini an tristior noverca fuerit.
[2] Ante omnia unum animantium cunctorum alienis velat opibus. Ceteris varie tegimenta tribuit, testas, cortices, coria, spinas, villos, saetas, pilos, plumam, pinnas, squamas, vellera; truncos etiam arboresque cortice, interdum gemino, a frigoribus et calore tutata est: hominem tantum nudum et in nuda humo natali die abicit ad vagitus statim et ploratum, nullumque tot animalium aliud ad lacrimas, et has protinus vitae principio; at Hercule risus praecox ille et celerrimus ante XL diem nulli datur.
[3] Ab hoc lucis rudimento quae ne feras quidem inter nos genitas vincula excipiunt et omnium membrorum nexus; itaque feliciter natus iacet manibus pedibusque devinctis, flens animal ceteris imperaturum, et a suppliciis vitam auspicatur unam tantum ob culpam, qua natum est. Heu dementia ab his initiis existimantium ad superbiam se genitos!
[4] Prima roboris spes primumque temporis munus quadripedi similem facit. Quando homini incessus? Quando vox? Quando firmum cibis os? Quam diu palpitans vertex, summae inter cuncta animalia inbecillitatis iudicium! Iam morbi totque medicinae contra mala excogitatae, et hae quoque subinde novitatibus victae! Et cetera sentire naturam suam, alia pernicitatem usurpare, alia praepetes volatus, alia nare: hominem nihil scire, nihil sine doctrina, non fari, non ingredi, non vesci, breviterque non aliud naturae sponte quam flere! Itaque multi extitere qui non nasci optimum censerent aut quam ocissime aboleri.
[5] Uni animantium luctus est datus, uni luxuria et quidem innumerabilibus modis ac per singula membra, uni ambitio, uni avaritia, uni inmensa vivendi cupido, uni superstitio, uni sepulturae cura atque etiam post se de futuro. Nulli vita fragilior, nulli rerum omnium libido maior, nulli pavor confusior, nulli rabies acrior. Denique cetera animantia in suo genere probe degunt. Congregari videmus et stare contra dissimilia: leonum feritas inter se non dimicat, serpentium morsus non petit serpentes, ne maris quidem beluae ac pisces nisi in diversa genera saeviunt. At Hercule homini plurima ex homine sunt mala.

Storia Naturale – Libri XXXVII
Gaio Plinio Secondo – Plinio il Vecchio
Libro VII
introduzione

[1] Così come l’ho descritta si presenta la situazione del mondo, con le sue terre, le popolazioni, i mari, i fiumi importanti, le isole, le città. Ma degna di non minore considerazione sarebbe la natura degli esseri viventi che lo popolano, se solo l’umana intelligenza fosse in grado di comprenderne tutti gli aspetti.
Cominceremo a buon diritto dall’uomo, a motivo del quale sembra che la natura abbia generato tutto il resto, sebbene abbia preteso in cambio di così grandi doni un prezzo alto e crudele, fino al punto da rendere impossibile affermare con certezza se essa sia stata per l’uomo più una buona madre oppure una crudele matrigna.
[2] In primo luogo perché lo costringe, unico fra tutti i viventi, a procacciarsi all’esterno i suoi vestimenti. Agli altri la natura fornisce in vario modo qualcosa che li copra: gusci, cortecce, pelli, spine, peli, setole, piume, penne, squame, velli; anche i tronchi degli alberi protegge dal freddo e dal caldo con uno e talvolta due strati di corteccia. L’uomo soltanto essa getta nudo sulla nuda terra il giorno della sua nascita, abbandonandolo sin dal principio ai vagiti e al pianto e, come nessun altro fra i tanti esseri viventi, sin dal primo istante della propria esistenza, alle lacrime: il riso, invece, per Ercole, anche quando è precoce e più rapido che s’immagini, a nessuno è concesso prima del quarantesimo giorno.
[3] Subito dopo la sua venuta alla luce, l’uomo è come impedito da ceppi e da legami in tutte le membra, quali non si concepiscono neppure per le bestie generate in ambito domestico. Così, una volta che sia felicemente nato, giace piangente a terra con le mani e i piedi legati; così, proprio lui che si direbbe destinato a regnare su tutte le altre creature, inaugura la sua vita fra i tormenti, colpevole solo d’essere nato. Ahimé, che insensatezza, dopo siffati inizi, ritenersi destinati ad imprese superbe!
[4] Il primo barlume di vigore, il primo dono che il tempo gli concede lo rendono simile a un quadrupede. Quando comincerà a camminare e a parlare come un uomo? Quando la sua bocca sarà in grado di masticare il cibo? Quanto a lungo la sommità della sua testa resterà molle, segno questo della massima debolezza fra tutti gli esseri che vivono! E poi le malattie, e le tante medicine escogitate contro i mali, ma anche queste vinte ben presto da nuovi mali! E ogni altro essere esprime subito la propria natura: chi impara a correre velocemente, chi a volare con celerità, chi a nuotare. L’uomo invece non sa nulla, e nulla sa fare che non gli venga insegnato: non sa parlare, né camminare, né mangiare; per natura, insomma, null’altro sa fare che piangere! Perciò molti hanno ritenuto che la cosa migliore fosse non nascere, oppure al più presto morire.
[5] Solo all’uomo è stato dato, fra tutti gli esseri viventi, il pianto; a lui solo il piacere, che si manifesta in infiniti modi e nelle forme che sono proprie alle singole parti del corpo; solo a lui è stata data l’ambizione, l’avidità, uno smisurato desiderio di vivere, la superstizione, la preoccupazione della sepoltura e quella perfino di ciò che di lui sarà dopo la morte. Nessuno ha una vita più precaria, né maggiore brama di ogni cosa; nessuno è preda di angosce più disordinate, né di più violento furore. In definitiva, gli altri animali vivono bene tra i propri simili. Li vediamo aggregarsi e opporre resistenza contro specie diverse dalla loro; ma i leoni non sono spinti dalla loro ferocia a combattere contro altri leoni, il morso dei serpenti non minaccia gli altri serpenti, e neppure i mostri marini e i pesci incrudeliscono se non contro specie dissimili. All’uomo invece, per Ercole, la maggior parte dei mali è causata da un altro uomo.


E' questa una delle pagine più sentite della Naturalis historia. In essa Plinio constata amaramente come l'uomo sia in definitiva l'essere più fragile della natura, a tal punto che, quando nasce, è il solo a non poter usufruire di rivestimento alcuno: tutti gli animali e le piante, infatti, vengono protetti alla nascita, chi dal guscio, chi dalle spine, chi dalle piume, chi dalle squame e così via, ma solo l'uomo nasce nudo e indifeso. 
Allora egli farebbe bene a non sentirsi superbo e a prendere coscienza della propria fragilità di fronte a una natura che appare matrigna anzichè madre. 
Si tratta, come è facile vedere, di una problematica affrontata anche dal Leopardi, soprattutto nell'ultima sua produzione e nella Ginestra in particolare.
Anche l'immagine del pianto del neonato, del resto, in Nat. Hist. V, 195-235 non può non far ripensare alla strofe del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia.
Una traccia dell'epicureismo pliniano è invece nella coscienza della precarietà che dovrebbe indurre gli esseri umani a stringere rapporti di benevolenza e solidarietà reciproca. 
In Nat. Hist. II, 18 si legge che "essere dio è, per un mortale, aiutare un mortale: ecco la via verso la gloria eterna".

Petronius Arbiter

Alessandro il Grande


Il biografo antico Plutarco parla di Alessandro come di un giovane ambizioso, desideroso di onori, dalla personalità granitica. Amava l'arte e si fece ritrarre dallo scultore Lisippo con i lineamenti gentili, il corpo snello, gli occhi come animati da un'ansia spirituale e quindi volti a fissare un punto immobile e lontano. 

Ritratti idealizzati quelli di Alessandro quindi, di questo " protettore degli uomini" ( Αλεξανδρος (Αλεξ-ανδρòς) verbo=αλεξω (alexo, "proteggere" "difendere", "aiutare") e ανηρ (aner, al genitivo ανδρος, andròs, "uomo") che significa Difensore degli Uomini o Protettore degli uomini). 


Conquistò il più grande impero dell'antichità e nel mosaico dalla Casa del Fauno di Pompei, databile intorno al 300 a.C., è raffigurato sulla sinistra, senza elmo, mentre coraggiosamente si getta nella mischia dei Persiani perchè "nulla è impossibile per colui che osa", guidati da Dario III forse a Isso oppure a Gaugamela, insomma in una delle battaglie in cui egli mise in fuga quei Persiani dallo sguardo sgomento, a cavallo di bestie sudate dalla paura, guidate da un imperatore rassegnato e già disposto alla fuga.

Oggi il mosaico originale di Alessandro è esposto nel Museo di archeologia nazionale di Napoli (MANN). Una copia fedele per forma, dimensioni, colori e materiali è stata fatta nel corso di alcuni anni presso la Scuola “Bottega del Mosaico” di Ravenna e si trova ora a Pompei.

Nel video qui sotto un bel documentario su vita e imprese di Alessandro.




L’immagine più nota di Alessandro Magno è quella di un giovane con il collo lievemente inclinato a sinistra, come intento a riflettere «intorno a se stesso o a qualcosa». 

Ma all'osservatore viene spontaneo chiedersi chi veramente si celi dietro quell’immagine. 
Quali eventi e circostanze deviarono la sua vocazione di letterato e filosofo, allievo del grande Aristotele, appassionato di matematica e botanica, trasformandolo nello spietato conquistatore eretto a modello da Cesare e Nerone, Traiano e Adriano, Luigi XIV e Napoleone? 

E' evidente, infatti, che siamo di fronte a un enigma in molteplici forme che potremmo definire come  «il modello dei modelli» , una sorta di sintesi di figure storico-mitiche: un io contraddittorio che combina l’ira furiosa e l’amicizia disinteressata di Achille, l’«estrema mobilità» di Dioniso, la resistenza al dolore di Eracle e la tolleranza di Ciro il Grande. 

In fondo le due antitetiche vocazioni rimasero intatte, giacché l’immenso esercito di Alessandro era costantemente accompagnato da filosofi, sacerdoti, geografi, attori e cortigiane. 

E l’ansia intellettuale e la sete di conquista di Alessandro scaturivano in realtà dalla medesima pulsione: le tappe del crescendo espansionistico sono infatti luoghi fisici e insieme momenti di un itinerario conoscitivo destinato ad arrestarsi davanti all’Oceano Indiano, «afoso, sterminato e senza volto», come in uno scacco metafisico.

E' per questo che, per concludere questo breve profilo di Alessandro, mi piace proporre una bella canzone del professore Vecchioni che del generale ricorda soprattutto l'umanità, le perplessità, le insoddisfazioni inevitabili di fronte all'immenso che a nessun mortale può essere concesso. 







lunedì 20 gennaio 2014

Il viaggio di Odisseo/Ulisse.


Il link che riporto più sotto rimanda a una bella e chiara mappa interattiva del viaggio di Odisseo, una volta partito da Troia dopo l'incendio della città e che lo vede protagonista di molteplici avventure qui e lì nel mar Mediterraneo prima del suo rientro  a Itaca.

Chi si è mai chiesto in quali acque sorgesse l'isola di Ogigia, nella quale Odisseo fu ospite della ninfa Calypso?

Chi si è mai chiesto dove fosse la terra di Alcinoo, nella quale Odisseo fu raccolto dalla figlia di lui Nausicaa, come descritto in una delle pagine più emozionanti del poema omerico?

Aprendo la mappa questi e altri dubbi verranno risolti.

Buona navigazione!

http://esripm.maps.arcgis.com/apps/MapTour/index.html?appid=4fc9153f4d9248b9bab7011e3950b552&webmap=962ca9da38bf4c5e9439a6acf3dd1b3e

Il pensiero delle 18 meno quasi (eppure ricorrente)



Come potrebbe un sedicenne, ma un diciassettenne o un diciottenne – mi chiedo con dolente amarezza – non credere che il latino e il greco siano lingue morte, se lo si obbliga a tenere lo sguardo abbassato su elenchi infiniti e infinitamente grigi di desinenze, eccezioni ed eccezioni di eccezioni, dandogli a credere che fine ultimo (prima di tutto per passare l’anno!!!) sia mandarli a memoria e negandogli, di fatto, anche solo la possibilità di scoprire che uno straordinario mondo di idee, colori e suoni in quelle lingue ha preso forma per giungere fino a lui, tirarlo per la giacca e interrogarlo sul senso del quotidiano vivere in nome di un’appartenenza “umana” che va ben oltre ogni “qui ed ora”? 
Che l’ablativo del sostantivo “mare” sia in “i” e non in “e” potrà ricordarglielo in qualsiasi momento un qualsiasi manuale (cartaceo o digitale che sia), ma su quel mare dovrebbe soprattutto imparare a viaggiare un sedicenne, in compagnia di altri che prima di lui lo percorsero, come Ulisse o Enea, ad esempio, facendosi carico di tutto quello che essi portavano nel cuore e nella mente. E dove il sedicenne dovrebbe impararlo se non a scuola?

Provo, dunque, un’amarezza dolente nel vedere che tanti, troppi insegnanti, soprattutto giovani ahimè, per quanto paradossale e incredibile possa sembrare, riproducono stancamente (chiusi in una rigidità che li fa sentire “forti” e protetti, ma che niente ha a che vedere col rigore che ogni disciplina mentale richiede) vecchi e stantii modelli, percorrendo strade le cui pietre miliari sono elenchi infiniti e infinitamente grigi di desinenze, eccezioni ed eccezioni di eccezioni, e lungo le quali un sedicenne, tutt’al più, si imbatte in “ancelle che ornano di rose e di viole gli altari delle dee” o in “truppe che escono dall’accampamento sul far del giorno”.

E il mio pensiero non può che volgersi con struggente gratitudine all’insegnante che ormai qualche decina di anni fa mi fece alzare lo sguardo da quegli infiniti elenchi e seppe mostrarmi la Bellezza di guardare la luna e non il dito che la indica.

martedì 14 gennaio 2014

FUTURO






"Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta".

Il futuro che abbiamo davanti - o alle spalle? - inizia con la lettera minuscola.

E' un futuro privato, singolare, interessato. 
Previsto, progettato, da realizzare.

Un futuro anteriore, che giudicheremo perchè sarà o non sarà stato.

C'è stato un tempo, però, in cui il Futuro rimaneva ignoto, aperto, vuoto. 

Inclusivo e accogliente, capace di cambiare e reinventarsi.
Libero.

"Che cosa vuoi fare da grande?". 

"Non lo so", si osava rispondere.













Il nome


venerdì 10 gennaio 2014

Una massima e il suo commento



"Chi impara, ma non pensa, è perduto. Chi pensa, ma non impara, è in pericolo"

E' Confucio. 

Sembra che da anni e anni stia sussurrando qualcosa che si dovrebbe ascoltare - pensare e imparare - ancora oggi nelle scuole. 
E non solo nelle scuole.

lunedì 6 gennaio 2014

Scheda di lettura di un testo narrativo.



Per poter redigere in modo adeguato la scheda di lettura di un libro è fondamentale rispondere a pochi punti fondamentali che servono ad avere un panorama chiaro e completo del testo in questione.
Le prime cose da indicare per una buona scheda sono:

1) AUTORE e TITOLO

2) CASA EDITRICE

3) CITTÀ E ANNO DI PUBBLICAZIONE
Avendo queste informazioni di base possiamo facilmente avere un primo inquadramento storico.

Il passo successivo è indicare:

4) GENERE DEL LIBRO

Bisogna capire se parliamo di un testo narrativo, cioè in prosa, poetico, o teatrale. Successivamente individuare la presenza o meno di una fabula. I testi narrativi possono essere divisi in sottogeneri: alcuni esempi possono essere epico-cavalleresco, romanzo di formazione, romanzo storico, sociale e psicologico, d'avventura, giallo o rosa. La divisione può essere fatta anche in base alla veridicità o meno dei fatti narrati.

Dopo aver identificato di che tipo di testo stiamo parlando, bisogna cominciare ad esplorarne il contenuto, partendo dall'analisi dei:

5) PERSONAGGI PRINCIPALI
Di questi personaggi bisogna mettere in luce la descrizione fisica o psico-sociale: età, stato sociale, valori morali.

In questo tipo di analisi è necessario distinguere anche fra ritratto diretto e indiretto del personaggio. E poi, come trascurare i ruoli che i diversi personaggi hanno nella vicenda?
Si può, quindi, procedere come nell'esempio suggerito:

a) ruolo: protagonista o antagonista, aiutante o avversario (personaggi secondari);

b) attributi: tratti fisici, oggetti o atteggiamenti che accompagnano un personaggio, rispecchiandone particolari caratteristiche.

Può essere utile inserire un grafico delle relazioni fra i personaggi.

Oltre ai personaggi vanno presi in analisi:

6) AMBIENTE, che altro non è che lo spazio della narrazione. In quest'analisi è bene notare se gli ambienti in cui si svolgono i fatti sono descritti così come i personaggi li vedono o sono descritti in modo oggettivo.

7) TEMPO della STORIA raccontata (della fabula) che in alcuni casi va distinta dal TEMPO del RACCONTO (dell’intreccio): è buona regola indicare se possiamo riscontrare nel racconto analessi (anticipazioni) o prolessi (flashback).

8) TEMATICHE FONDAMENTALI, cioè i significati nascosti nelle parti fondamentali.

Infine è molto utile inserire una

9) BREVE TRAMA che va accompagnata da

10) COMMENTO in cui indicare che cosa è piaciuto e cosa no.

11) TECNICHE NARRATIVE e STILE va tenuta presente la distinzione fra fabula e intreccio, se abbiamo a che fare con un narratore di primo o secondo livello e se questi ha una conoscenza totale dei fatti o li scopre con il lettore.

La frequenza di descrizioni e se il giudizio dell'autore è desumibile o meno.