Tra la
seconda metà del Settecento e i primi decenni dell'Ottocento si diffondono in
Europa un gusto e una sensibilità per il mondo classico che vengono designati
con il termine di Neoclassicismo. Il fenomeno interessa inizialmente le arti
figurative ed è incrementato in particolare dalle grandiose campagne di scavi
archeologici avviate in Grecia e in Italia (in particolare Roma, Ercolano e
Pompei) meta privilegiata, quest'ultima, del Gran Tour, il viaggio di
formazione dei giovani artisti e letterati europei. I princìpi e i repertori
tematici del neoclassicismo vanno ricercati soprattutto negli scritti teorici
di Winckelmann, in particolare in “Storia dell'Arte dell'antichità”, in cui
l'autore cerca di definire l’idea platonica della bellezza ideale: premesso che
la bellezza è un valore assoluto, e in quanto tale non soggetto alla mutabilità
della moda, e premesso che essa consiste nell'armonia e nell'equilibrio delle
forme, l'artista non può riprodurla ma può soltanto sforzarsi di immaginare e
rendere nella sua opera il prototipo di bellezza presente nella mente di Dio.
Per Winckelmann soltanto l'arte greca, in particolare le sculture di Fidia,
sarebbero riuscite a rappresentare il modello della bellezza ideale e nei
grandi gruppi scultorei come nella statua singola si esprimerebbe nel modo più
alto la sintesi tra passione interiore e compostezza esteriore, il vero
equilibrio tra sentimento e oggettività.Tra gli italiani che condivisero il
nuovo orientamento del gusto vanno ricordati lo scultore Antonio Canova, che
fece rivivere nei suoi marmi la grazia e la bellezza delle opere greche, come
nelle celebri statue di Venere e di Ebe, in Amore e Psiche, in Paolina
Borghese, e lo storico dell'arte Francesco Milizia, il quale definisce il bello
ideale come “la riunione delle parti più belle scelte dagli individui più
belli”. L'arte antica era tuttavia avvertita anche come espressione della
libertà e della dignità dell'uomo e divenne quindi anche un modello politico,
la Roma repubblicana per i rivoluzionari, quella imperiale per l'età
napoleonica. Lo stesso Napoleone fu dipinto nelle vesti di Giove Olimpico o di
Cesare, o presentato come un eroe dell'antica e mitica Ellade; gli
vennero innalzati archi di trionfo ed egli stesso rievocò il tempo
antico assumendo il titolo di console, attribuendo al figlio il titolo di re di
Roma e inserendo sui vessilli delle legioni i simboli dell' aquila imperiale.
Il Neoclassicismo si diffuse anche in letteratura con un'ampia prolificazione
di miti o di storie di ambiente classicheggiante in uno stile che, in ossequio
al principio di imitazione, tentò di riprodurre i caratteri distintivi di
quello greco o latino: simmetria, raffinatezza, accurata selezione lessicale,
musicalità e armonia. Nella produzione poetica neoclassica dobbiamo distinguere
un Neoclassicismo di tipo montiano, pomposo e celebrativo, e un neoclassicismo
di tipo foscoliano, già pervaso di spiritualità romantica. Tutti e due per
quanto riguarda il contenuto risentono dell'esigenza di una poesia ispirata
all’ attualità e alla realtà sociale, tutti e due, per quanto riguarda la
forma, per effetto della risorta ammirazione per la cultura classica
riconoscono la necessità di esprimere questo contenuto moderno e attuale in
forme limpide, armoniose, perfette, classiche. Questa doppia esigenza di
modernità e attualità di contenuto e di antichità di forme fu sinteticamente
espressa dal poeta francese Andrea Chénier: “Sur des pensées nouveaux
faisons des vers antiques”. Lo stesso concetto espresse il Pindemonte:
“Antica l'arte onde vibri il tuo stral, ma non antico sia l’oggetto in
cui miri”. Tuttavia questa poetica comune ai due classicismi ebbe risultati
diversi: i neoclassici di tipo montiano sono poeti per lo più
superficiali, il loro classicismo ha carattere formale, esteriore, retorico e
spesso celebrativo in senso cortigiano e adulatorio; l'altro neoclassicismo,
quello foscoliano, è più profondo e risente della incipiente spiritualità del
romanticismo. Il Neoclassicismo di questi poeti differisce naturalmente dal classicismo
rinascimentale: (1) anzitutto il classicismo rinascimentale è più orientato
verso la latinità che verso la grecità, (2) inoltre il classicismo
rinascimentale nasce dalla lettura dei classici mentre il neoclassicismo nasce
dallo studio delle arti figurative, (3) infine c'è una differenza più profonda
di natura spirituale. Gli uomini del Rinascimento videro realizzati
nell'antichità classica quegli ideali di serenità, equilibrio, libertà
intellettuale, che essi, per reazione al dogmatismo e alla rozzezza medievale,
credevano ottimisticamente di poter instaurare in se stessi; i neoclassici
invece riscoprono nell'antichità classica gli stessi ideali di serenità,
equilibrio e libertà, ma, agitati da ansie e inquietudini romantiche, ritengono
che quegli ideali siano ormai irrimediabilmente perduti per l'umanità.
Essi sono quindi sostanzialmente dei nostalgici del passato. E nel
passato classico, considerato un'oasi felice di pace, essi amano idealmente
rifugiarsi per evadere dalla realtà tormentosa del presente e per attingere la
forza per placare e disciplinare i sentimenti e le passioni.
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Le Grazie (Antonio Canova) |
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Napoleone a cavallo (J. L. David) |
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Napoleone console (A. Appiani) |
La
questione della lingua, che viene riproposta nell'età napoleonica, è anch'essa
un segno del risveglio della coscienza nazionale. Essa riguarda la lingua
scritta e mira a indicare agli scrittori quale lingua devono usare nel comporre
le loro opere. La ragione per cui verso la fine del Settecento viene ripresa la
questione della lingua è di carattere storico; infatti nella seconda metà del
Settecento c'era stata una certa libertà linguistica promossa dall' Accademia
dei Pugni di ispirazione illuministica, che aveva imbarbarito la lingua
italiana inquinandola soprattutto di francesismi. Nell'età napoleonica o del
neoclassicismo si vuole reagire a questo tipo di prosa imbarbarita, sciatta e
trasandata, si vuole far rientrare la lingua nel solco della tradizione
italiana non solo per una questione di gusto promosso dal Neoclassicismo ma
anche per ragioni politiche e patriottiche dovute al risveglio della coscienza
nazionale nell'età napoleonica. Allo scopo di purificare la lingua dai
barbarismi in questa età sorge il purismo che presenta due aspetti che, anche
se in contrasto tra loro, hanno l'intenzione comune di rendere perfetta la
lingua italiana. C'è infatti un purismo ristretto, promosso dall’abate Antonio
Cesari e seguito da tanti convinti ammiratori tra cui il napoletano Basilio
Puoti: questi puristi proponevano un ritorno alla lingua degli scrittori del
‘300 (Petrarca per la poesia Boccaccio per la prosa) perché aveva particolari
caratteristiche di freschezza e naturalezza espressiva. C'è poi un purismo
allargato e più moderno rappresentato, tra gli altri, da Vincenzo Monti e
dal suo genero Giulio Perticari: costoro respingono il primato letterario della
Firenze del ‘300 e la dittatura del Vocabolario della Crusca e accettano come
valida e pura la lingua italiana di tutti i secoli della letteratura italiana
dal Trecento al Settecento così come si era rinnovata e arricchita per merito
di tutti gli scrittori della penisola.
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