Credo molto nelle potenzialità dei social network e vi sto di fatto spendendo le mie migliori energie. Sono convinta che una scuola 2.0 debba affiancare a un solido studio dei contenuti una diffusione degli stessi in un formato appetibile e soprattutto vicino alle modalità di comunicazione degli studenti, che di certo al giorno d'oggi non scrivono soltanto con carta e penna, ma ricorrono spesso alla leggerezza dei bits. Qualcosa che del resto già Calvino aveva preconizzato nelle sue Lezioni Americane.

Confrontarsi con il pubblico della comunità social, ben più vasto del microcosmo classe (e potenzialmente infinito), proponendo il proprio lavoro, significa per gli studenti sviluppare ottime doti di sintesi nell'esposizione dei contenuti e mantenere buon controllo ortografico. Non solo, essi devono imparare a scrivere in modo accattivante e spigliato, così da ottenere l'attenzione dei lettori, nonché variare il registro stilistico a seconda delle diverse situazioni comunicative.

domenica 18 ottobre 2020

Visti da vicino: Giacomo Leopardi

"Cara Pilla (la sorella Paolina), il ritratto è bruttissimo: nondimeno fatelo girare così, acciocché i Recanatesi vedano con gli occhi del corpo (che sono i soli che hanno) che il gobbo de Leopardi è contato per qualche cosa nel mondo, dove Recanati non è conosciuto pur di nome".

Chissà perché Leopardi disprezzava tanto questo ritratto fatto a matita dal pittore Luigi Lolli e per volontà dell'editore per cui a Bologna stava lavorando a una edizione completa delle sue opere scritte fino al 1826. Eppure è un ritratto importante, perché è l'unico tra quelli eseguiti quando il poeta era ancora in vita e da cui derivano i successivi.
In uno dei suoi Ricordi, Leopardi allude a un altro ritratto di se stesso bambino, andato perduto, a cui teneva di più e che gli faceva provare tenerezza per il malinconico volto infantile, in particolare per l'espressione degli occhi che avevano "un non so che di sospiroso e di serio".
Anche nel ritratto odiato, però, pare che lo sguardo non abbia perduto la sua intensità.
"Una persona grande non può mai avere occhi insignificanti" (Zib.)
Questa era la funzione che Leopardi assegnava agli occhi nella fisionomia di un volto: rappresentare il significato irripetibile di una persona, il segno vivo della sua bellezza interiore.




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