Credo molto nelle potenzialità dei social network e vi sto di fatto spendendo le mie migliori energie. Sono convinta che una scuola 2.0 debba affiancare a un solido studio dei contenuti una diffusione degli stessi in un formato appetibile e soprattutto vicino alle modalità di comunicazione degli studenti, che di certo al giorno d'oggi non scrivono soltanto con carta e penna, ma ricorrono spesso alla leggerezza dei bits. Qualcosa che del resto già Calvino aveva preconizzato nelle sue Lezioni Americane.

Confrontarsi con il pubblico della comunità social, ben più vasto del microcosmo classe (e potenzialmente infinito), proponendo il proprio lavoro, significa per gli studenti sviluppare ottime doti di sintesi nell'esposizione dei contenuti e mantenere buon controllo ortografico. Non solo, essi devono imparare a scrivere in modo accattivante e spigliato, così da ottenere l'attenzione dei lettori, nonché variare il registro stilistico a seconda delle diverse situazioni comunicative.

martedì 4 febbraio 2014

Dandysmo


Il dandismo (clicca) , in Panebianco-Pisoni, Testi e scenari, Zanichelli, vol. 5, p. 328.

L’origine del termine dandy risale alle truppe inglesi in America durante la rivoluzione del 1770. Indicava, negativamente, un individuo abbigliato in modo eccentrico ed elegante. Diffusosi poi sulla scia di lord G. B. Brummell come puro fatto estetico, assunse in seguito un significato ideologico con C. Baudelaire, O. Wilde e G. D’Annunzio.
Charles Baudelaire

G. Courbet, Ritratto di Charles Baudelaire , olio su tela, datato 1847.
Il dandismo per Baudelaire non consisteva solo in una posa esteriore, nel modo di abbigliarsi o nel circondarsi di oggetti raffinati, ma aveva piuttosto una natura filosofica oltre che una forza contestatrice nel disegnare il progetto di vita dell’esteta.
«Il dandismo non è, come molte persone poco riflessive vogliono credere, un diletto eccessivo della toeletta e dell’eleganza materiale. Queste cose non sono per il perfetto dandy che un simbolo della superiorità aristocratica del suo spirito. Così, ai suoi occhi, desiderosi sopra tutto di distinzione, la perfezione della toeletta consiste nella massima semplicità, che è, in realtà, il miglior modo di distinguersi. Che cos’è dunque questa passione che, divenuta dottrina, ha avuto degli adepti dominatori, questa istituzione non scritta che ha formato una casta così orgogliosa? È prima di tutto il bisogno ardente di crearsi un’originalità, contenuto nei limiti esteriori delle convenienze. È una specie di culto di se stesso, che può sopravvivere alla ricerca della felicità che si trova negli altri, nella donna, per esempio, che può sopravvivere anche a tutto ciò che si chiama illusione. È il piacere di meravigliare e la soddisfazione di non essere mai meravigliati. Un dandy può essere uno scettico, può essere un uomo sofferente, ma, in quest’ultimo caso, egli sorriderà come il lacedemone morsicato dalla volpe. Si vede adunque che, in certi aspetti, il dandismo confina con lo spiritualismo e con lo stoicismo. Ma un dandy non potrà mai essere un uomo volgare. S’egli commettesse un delitto non perderebbe nulla della sua reputazione; ma se questo delitto fosse provocato da un motivo banale, il disonore sarebbe irreparabile.»
Joris-Karl Huysmans

Il conte di Montesquiou è stato il modello per il personaggio di Des Esseintes, protagonista di “Controcorrente” di Huysmans.
La figura del dandy e i comportamenti tipici dell’esteta si condensano, alcuni decenni più tardi, in Des Esseintes, protagonista del romanzoControcorrente (1884), del francese Joris-Karl Huysmans (1848-1907). Animato dal desiderio di vivere “controcorrente” rispetto alla società borghese, questi si ritira in aristocratica solitudine in una villa, dove si circonda di oggetti rari e preziosi, in cui si mescolano il sacro e il profano. Huysmans delinea il suo eroe come un malato, affetto da una nevrosi che lo condurrà a un triste epilogo, a dovere cioè ritornare tra quei «tangheri indegni» borghesi che aveva disprezzato.





Oscar Wilde
Se Huysmans visse un’esistenza tranquilla e appartata, non fu lo stesso per l’irlandese Oscar Wilde (1854-1900), un eccentrico dandy che, alla stregua di Byron, concepiva la vita come un’opera d’arte: «ambedue fanno sconfinare l’arte nella vita pratica e concepiscono l’opera d’arte come un atto pratico. Così il corteo letterario inglese del XIX secolo può immaginarsi aperto da un dandy, il Byron, e chiuso da un altro dandy, il Wilde» (Praz,1967). Il dandismo di Wilde fu però diverso sia da quello di Baudelaire, sia da quello di Huysmans: del primo non aveva il sostrato ideologico, del secondo non condivideva l’isolamento. Al contrario, dietro l’anticonformismo del dandy Wilde celava una forte desiderio di successo e di affermazione della propria produzione letteraria.


Gabriele D’Annunzio
Al dandismo di Wilde è molto vicino quello di Gabriele D’Annunzio: in quest’ultimo prese la forma di un’ideologia antidemocratica, contraria all’ascesa politica delle masse, il «grigio diluvio democratico», come venne definita nel romanzo Il piacere. In D’Annunzio il dandy si mescola al poeta-vate e demagogo, che disprezza le masse ma nel contempo se ne serve, per autocompiacersi. Molto abile nel promuovere la propria produzione letteraria, alla ricerca continua del successo sia per un tornaconto economico sia per il piacere della gratificazione, D’Annunzio diede in pasto al pubblico anche la propria vita “inimitabile”: scelse pittori e incisori per decorare le sue opere, si autopromosse con gesti plateali, riempì le gazzette mondane delle vicende che lo videro protagonista. 




Con passaggio ardimentoso, di quelli che sono solita fare non senza una buona dose di coraggio, mi sono chiesta cosa resti oggi del dandysmo decadente. Ci sono anche oggi monaci del bello, poeti maledetti, ondeggianti tra sentimento della noia e slanci mistici, vite sofferte attratte dalla morte?
La mia risposta è sì.
Si potrebbero fare molti esempi, ma io scelgo lui, tra le altre cose presente anche in un film dal titolo "Dandy" del 1988, difficile da elaborare e molto raro.

Nick Cave










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