Se il Naturalismo
aveva avuto come presupposti ideologici il Positivismo e le teorie
evoluzionistiche, il Decadentismo fu in modo diretto o indiretto condizionato
dal pensiero di almeno tre grandi personalità: Friedrich Nietsche, Sigmund
Freud e Henry Bergson, il filosofo francese dell’intuizionismo. Queste tre
personalità erano, seppure in maniera diversa, critiche rispetto alle scienze
positive.
Nietsche
affermava che i valori assoluti in cui potersi unanimemente riconoscere erano
“morti”, che non è dato conoscere la realtà ma solo l’apparenza, che l’essere
umano è dominato da istinti e che, in conseguenza di questo, ogni morale
(soprattutto quella cristiana) si basa su principi astratti e lontani
dall’essenza umana. In Così parlò Zarathustra egli formulò il concetto di
oltreuomo, cioè di un uomo nuovo, libero dai condizionamenti da parte di ogni
idea di trascendenza e di legge imposta dall’alto. L’oltreuomo è colui che si
impegna a realizzare totalmente se stesso, superando tutti gli ostacoli,
compresi quelli della morale, se la loro funzione è quella di reprimere i
desideri e le aspirazioni individuali a vantaggio dell’opinione pubblica
dominante. Nella Genealogia della morale suggerì di sottoporre a critica i
valori morali in quanto serie di divieti che mirano a impedire la libera
esplicazione delle potenzialità degli individui più dotati, a favore dei
mediocri. Pertanto rifiutando l’idea che la storia si sviluppi in modo
progressivo e riproponendo l’antica legge dell’eterno ritorno, già elaborata
dai Greci, Nietsche afferma che dal tramonto dell’uomo rinascerà l’oltreuomo,
capace di ricostruire su basi nuove la storia.
Freud, dal canto
suo, affermava che una parte della nostra mente ci è sconosciuta e che questa
parte, l’inconscio, ci guida nelle nostre azioni in maniera altrettanto potente
quanto la ragione. La scoperta dell’inconscio metteva in crisi le certezze
della razionalità e del Positivismo quanto l’affermazione di strutture mentali
ben lontane dalla ragione e dalla consapevolezza, come l’Es e il Super-Io.
freud aveva indicato con questi nomi le due sfere della psiche umana che
corrispondono rispettivamente all’inconscio (Es) e al sistema di valori, ideali
e obblighi morali che ognuno interiorizza attraversa l’educazione (Super-Io),
per distinguerli dalla parte cosciente di cui siamo sempre consapevoli, l’Io.
Bergson, infine,
concepiva il mondo come animato da una forza vitale (vitalismo) che è
all’origine della grande varietà di tutto quello che esiste. Lo strumento che
permette all’uomo di conoscere questa energia creatrice non è la ragione, ma
un’altra facoltà, l’intuizione. L’aspetto del pensiero di Bergson che più ha
influenzato la produzione artistica fu la sua distinzione tra il tempo della
scienza, una successione di momenti tutti uguali che possono essere
rappresentati come una linea che si distende nello spazio (tempo
spazializzato), perfettamente misurabile, e
il tempo della coscienza. Quest’ultimo è durata pura non inquinata
dall’idea dello spazio, un flusso continuo di attimi nei quali il passato e il
futuro coesistono nel presente, il primo come memoria, il secondo come
proiezione. Questa concezione del tempo interiore di Bergson fu uno stimolo per
i romanzieri del ‘900 per rivedere alcuni aspetti della tecnica narrativa che
quelli dell’ ‘800 non avevano messo in discussione, dal momento che il concetto
lineare del tempo aveva reso per loro normale raccontare le vicende secondo un
procedimento logico-cronologico.
Il Decadentismo
è un complesso fenomeno culturale che nasce in Francia intorno al 1880 e si
diffonde negli anni successivi in tutti i principali Paesi europei. Gli anni
successivi al 1870 vedono sempre più svuotarsi di significato gli ideali
romantici del Risorgimento, mentre le grandi potenze europee gareggiano nelle
carsa al colonialismo o si scambiano cauti accordi diplomatici sotto la guida
di Ottone di Bismarck, nuovo arbitro dell’Europa.
La generale crisi
politica, sociale ed economica non poteva non riflettersi nella cultura,
intaccandone i vari campi e manifestandosi prima di tutto nella filosofia.
Inizia il declino del Positivismo, la cui fiducie e certezze appaiono smentite
dalla permanenza dei guasti in ogni settore della società, dalla mancata
risoluzione dei problemi, da una graduale perdita di credibilità delle capacità
dell’uomo e delle applicazioni pratiche delle scoperte scientifiche.
Il nuovo
indirizzo filosofico si presenta immediatamente opposto a quello precedente e,
se prima l’attenzione si era diretta alla realtà, ora si tende ad andare oltre
di essa, a esplorare oltre il reale, a cercare di indagare non il conoscibile,
ma il mistero. Anzi della realtà si
dubita, la si dichiara inconoscibile, non accertabile; essa è solo fenomenica
apparenza e niente può assicurare l’uomo che i modi e le forme in cui
percepisce il reale, ciò che lo circonda, siano veramente così come egli
ritiene.
La sfiducia
nella ragione porta alla crisi dei valori tradizionali, genera insicurezza e un
senso di angoscia esistenziale, resa ancora più dolorosa dalla mancanza della
fede religiosa.
La coscienza
della perdita degli ideali e dello smarrimento di valori coincide con una forma
notevole di disadattamento, di incapacità di inserirsi nella realtà comune, di
adattarsi a essa e di vivere fra gli altri uomini. il sentirsi fuori del
proprio tempo, e perciò della storia, caratterizzerà e costituirà l’anima
stessa del decadentismo.
I poeti
decadenti, avvertendo fortemente il senso della incomunicabilità con gli altri
uomini, diffidano del linguaggio come mezzo di comunicazione e svuotano la
parola del suo reale significato; tutta la lingua si sfaccetta in molteplici
aspetti e si presta a mille interpretazioni diverse, senza per questo divenire
uno strumento liberatorio, bensì un ulteriore schema entro il quale il soggetto
si sente costretto e come imprigionato, senza potere dire fino in fondo ciò che
avrebbe voluto, né essere compreso mai interamente.
L’artista
rispose con la ribellione al dramma dell’esistenza, una ribellione totale,
assoluta, che lo sospinse in una solitudine completa senza sbocchi. Ribelle,
solitario, egli poteva esplorare i suoi abissi misteriosi, catturare i suoi
sogni segreti, lanciare da poeta la sua parola messianica nell’iireale, ma
anche tormentarsi meglio, sconvolgersi nella ricerca di una identità che non
possedeva, tormentarsi in un continuo ripiegamento interiore senza risultato.
Era questa una
forma di eroismo diversa da quella tanto provata nel romanticismo: l’eroe
romantico lottava per la patria disposto a morire per il suo ideale, correva
incontro alla morte esaltandosi nell’ansia del sacrificio e il suo amore di
gloria conferiva una dimensione titanica alla vita.
D’altra parte
esisteva un saldo nesso tra l’artista dell’età romantica e la storia, la
società, la realtà e l’arte era considerata un impegno attivo, una
partecipazione viva agli eventi e ai fatti.
L’eroe decadente
invece aveva ben altra fisionomia: non lottava per alcun ideale perché non ne
concepiva alcuno e nemmeno tentava di intervenire a modificare la realtà,
avendola scoperta indecifrabile e solo apparente. Non amore di gloria, ma ansia
di evasione alimentava i suoi slanci, non volontà di sacrificio, ma volontà di
piaceri sconosciuti accendeva i suoi sensi. L’eroismo consisteva, appunto,
nell’ergersi al di sopra del disprezzo comune dei benpensanti e al di sopra di
se stessi per vivere esperienze inimitabili nell’arte (si vedano gli esempi di
Des Essaintes in A rebours di Huysmans, di Dorian Gray nel Ritratto di Dorian
Gray di Wilde e di Andrea Sperelli ne Il piacere di D’Annunzio, tutti
personaggi che rientrano nella galleria dei Dandy, ovvero dei monaci del
bello).
Il decadentismo
come movimento consapevole comincia dopo il 1889, ma fin dal 1857 Baudelaire
(il poeta nel quale i decadenti riconoscevano il loro maestro) aveva parlato, a
proposito di E. A. Poe di litérature de décadence. In un primo momento i
seguaci di Baudelaire furono chiamati dagli avversari per disprezzo “Decadenti”;
ma essi (tra i quali emergevano Verlaine, Rimbaud, Mallarmé e Moréas)
accettarono quel nome e chiamarono Le Décadent una rivista da loro pubblicata
dal 1880, sfidando la morale borghese e con la chiara consapevolezza di essere
gli epigoni di una civiltà, gli interpreti di una epoca in crisi. Più tardi un
verso di Verlaine esprimeva emblematicamente il senso e le intenzioni del
movimento Io sono l’impero alla fine della decadenza. La nuova poesia
rispecchiava la suggestiva condizione di una civiltà al tramonto; non era
poesia in decadenza, bensì l’espressione di una epoca di crisi. I decadenti
assumevano una posizione di protesta e di rottura verso i miti, i valori e il
costume della borghesia ma la loro lotta non era dovuta a motivazioni politico-sociali
(alla base invece delle lotte del marxismo), bensì a motivazioni estetiche: gli
artisti attaccano la volgarità, il cattivo gusto del borghese, i suoi angusti
orizzonti che non vedono altro che il guadagno e che, se concepiscono l’arte,
la immaginano solo realistica.
Essi, come già i
romantici, mettevano l’arte in rapporto con la realtà ma capovolgevano il
rapporto romantico vita-arte (l’arte come interpretazione della realtà),
ponendo l’arte alla base dell’esistenza e affidando ad essa il compito di
costruire una vita congeniale.
Nel 1885 dal
gruppo dei decadenti si staccavano alcuni letterati che, guidati da Moréas,
diedero origine al movimento del Simbolismo; questo movimento, che dal 1886
svolse la sua battaglia contro il Naturalismo con la rivista Le Symboliste,
prevalse sul gruppo dei decadenti rimasti intorno a Verlaine.
Il principio
informatore del Simbolismo, enunciato da Moréas, consisteva nel configurare la
natura come un cifrario di regni misteriosi, un repertorio di parvenze del
reale. Poetare per i simbolisti significava risalire dalle parvenze alla
verità, cogliere e rivelare per simboli, in virtù della magia della parola, sia
pure in modo frammentario, l’ignoto. Di
conseguenza la parola perdeva ancora di più il suo peso concettuale per caricarsi
di valori allusivi, di suggerimenti, di risonanze evocatrici ed acquistavano
grande peso le figure retoriche più adatte a questo fine, come la analogia e la
sinestesia.
Quali frutti
producono in Italia le suggestioni e gli esempi europei, soprattutto francesi?
Ø
Bisogna soprattutto puntare all’opera di
Giovanni Pascoli. La posizione pascoliana si lega ai motivi più autentici del
decadentismo e forse è l’esperienza più significativa in Italia della poesia di
tale movimento. Smarrito di fronte al mistero del cosmo, al dolore dell’uomo,
deluso nelle speranze laiche (socialismo e progresso scientifico) inizialmente
coltivate, Pascoli tenta di carpire alle cose di ogni giorno il loro senso
riposto, la loro componente di mistero. E intanto rinnova profondamente il
linguaggio e le strutture poetiche secondo moduli decadenti.
Ø
C’è poi la vistosa posizione dannunziana che si
esplica, però, in differenti atteggiamenti. In un primo tempo, con Il piacere,
D’Annunzio si inserisce nel clima di A ritroso e di Il ritratto di Dorian Gray
e crea il personaggio di Andrea Sperelli, il Des Essaintes italiano: siamo cioè
in pieno estetismo. In seguito però, in conseguenza anche della diffusione del
pensiero di Nietzsche, il decadentismo dannunziano diventa mito del superuomo,
idoleggiamento della vita ferina, attivismo. E questo non solo sul piano della
produzione artistica, ma anche su quello pratico e politico.
Ø
Riconducibile per antitesi all’attivismo
dannunziano e per affinità al dolente intimismo pascoliano è la posizione di
Guido Gozzano e dei crepuscolari. Consapevole della sua condizione di
sradicato, il poeta si rifugia nel vagheggiamento di un mondo di umili, piccole
cose.
Ø
Le posizioni che più profondamente si richiamano
al decadentismo, al senso della crisi, al dissolversi delle antiche certezze,
sono quelle di Luigi Pirandello e di Italo Svevo.
Ø
Una caratteristica fondamentale del decadentismo
è il pullulare delle avanguardie, cioè di movimenti che pur con grande
diversità di poetiche mirano alla sperimentazione di nuove tecniche espressive
che, muovendo tutte da premesse irrazionalistiche, segnino una radicale
frattura col passato e siano voce e testimonianza della consapevolezza della
crisi: futurismo, espressionismo, dadaismo, surrealismo. In questo panorama
l’Italia è presente col Futurismo.
Ø
Anche quel complesso movimento che è detto
piuttosto genericamente Ermetismo è inseribile nell’area del Decadentismo: sia
perché riprende canoni delle poetiche decadenti che abbiamo esaminato
(specialmente del Simbolismo di Moréas e Mallarmé), sia perché centrato in gran
parte sul motivo della solitudine, dell’angoscia esistenziale di chiara origine
decadente.