Credo molto nelle potenzialità dei social network e vi sto di fatto spendendo le mie migliori energie. Sono convinta che una scuola 2.0 debba affiancare a un solido studio dei contenuti una diffusione degli stessi in un formato appetibile e soprattutto vicino alle modalità di comunicazione degli studenti, che di certo al giorno d'oggi non scrivono soltanto con carta e penna, ma ricorrono spesso alla leggerezza dei bits. Qualcosa che del resto già Calvino aveva preconizzato nelle sue Lezioni Americane.

Confrontarsi con il pubblico della comunità social, ben più vasto del microcosmo classe (e potenzialmente infinito), proponendo il proprio lavoro, significa per gli studenti sviluppare ottime doti di sintesi nell'esposizione dei contenuti e mantenere buon controllo ortografico. Non solo, essi devono imparare a scrivere in modo accattivante e spigliato, così da ottenere l'attenzione dei lettori, nonché variare il registro stilistico a seconda delle diverse situazioni comunicative.

giovedì 20 marzo 2014

La scuola che vorrei (1)


Di fronte alle problematiche quotidiane dell'insegnamento, provo spesso a pensare a cambiamenti che possano motivare gli studenti e portarli dalla mia parte.
La scuola italiana lascia il docente un po’ allo sbando. In ogni momento c’è il rischio che al ministero qualcuno si svegli e sogni nuovi sacrifici per gli altri, che un genitore arrivi implorando e chiedendo aiuto per il proprio ragazzo che a casa studia tantissimo e poi a scuola non prende bei voti, che i ragazzi cerchino di imbrogliare e copiare e che il preside si inventi qualche nuova attività obbligatoria per tutti e gratuita.
La vita del docente in classe è complessa, e parte di questa complessità è dovuta al fatto che impersona due ruoli spesso antitetici: da un lato deve insegnare, aiutare e guidare gli studenti e dall’altro valutarli. Bilanciare le due cose non riesce sempre facile. 
I ragazzi lo sanno e, talvolta, ne approfittano. Capita, infatti, di aiutare i ragazzi nelle interrogazioni o di dare dei piccoli suggerimenti durante i compiti. I ragazzi inoltre sanno che meno riusciranno a fare spiegare al docente, meno quest’ultimo chiederà durante la verifica. Il rischio è quello di innescare un braccio di ferro tra il docente, che cerca di fare di più, e gli studenti, che cercano di fare di meno. Queste e altre complicazioni sono dinamiche insite nel doppio ruolo.
Una soluzione ci sarebbe: la separazione dei ruoli. 
Si potrebbe fare così: due docenti della stessa materia si mettono d’accordo e si aiutano. Il docente esterno alla classe dà ai ragazzi le consegne del lavoro, qualunque esso sia, e le verifica al termine di un periodo concordato. Il docente della classe invece insegna ai ragazzi come studiare e cosa e li prepara per la verifica.
Ad esempio supponiamo di avere un’unità didattica della durata di un mese, mirata all’apprendimento degli elementi dell'analisi di un testo poetico. Due docenti decidono di collaborare. All’inizio dell’unità didattica entrambi si presentano alla classe dell’altro e spiegano quello che vogliono e come sarà la verifica alla fine del mese, come fosse il rappresentante della società che vuole i ragazzi preparati. Poi tornano alla loro classe e hanno un mese di tempo per preparare i propri ragazzi per la verifica che l’altro docente somministrerà. Lo scambio di classi, quindi, è limitato solo all’assegnazione dei lavori e alla verifica, poi tutto torna normale, come sempre. La grande differenza è però che il docente della classe ora lavora con i ragazzi sempre e solo con l’unico obiettivo di guidarli, aiutarli e prepararli. Inoltre il docente e i ragazzi avrebbero un obiettivo comune da raggiungere e questi ultimi si troverebbero finalmente nella situazione in cui la scelta più conveniente è quella di collaborare con il docente.
Passare dalla teoria alla pratica non sarebbe facile, ma indubbiamente una esperienza interessante, e potrebbe valere la pena provare anche solo per una volta durante l’anno. Soprattutto dalla terza superiore in poi, quando i ragazzi acquistano sicurezza ed è giusto che comincino ad assumersi la responsabilità di quello che fanno in modo utile e costruttivo e con delle regole che glielo permettono. In più potrebbe essere un modo per collaborare attivamente con un altro docente e preparare insieme delle lezioni facilmente riutilizzabili negli anni.

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