Si dovrebbe, almeno ogni giorno, ascoltare qualche canzone, leggere una bella poesia, vedere un bel quadro, e, se possibile, dire qualche parola ragionevole (Goethe). E' questo lo scopo del blog, divagare. Divagare, quindi volare, solo tra le cose belle, siano esse le parole ben messe, i pensieri, la musica o qualsiasi altra forma di arte. Qui si ama e si coltiva la bellezza che non muore.
Credo molto nelle potenzialità dei social network e vi sto di fatto spendendo le mie migliori energie. Sono convinta che una scuola 2.0 debba affiancare a un solido studio dei contenuti una diffusione degli stessi in un formato appetibile e soprattutto vicino alle modalità di comunicazione degli studenti, che di certo al giorno d'oggi non scrivono soltanto con carta e penna, ma ricorrono spesso alla leggerezza dei bits. Qualcosa che del resto già Calvino aveva preconizzato nelle sue Lezioni Americane.
Confrontarsi con il pubblico della comunità social, ben più vasto del microcosmo classe (e potenzialmente infinito), proponendo il proprio lavoro, significa per gli studenti sviluppare ottime doti di sintesi nell'esposizione dei contenuti e mantenere buon controllo ortografico. Non solo, essi devono imparare a scrivere in modo accattivante e spigliato, così da ottenere l'attenzione dei lettori, nonché variare il registro stilistico a seconda delle diverse situazioni comunicative.
lunedì 28 dicembre 2015
lunedì 21 dicembre 2015
lunedì 14 dicembre 2015
Sulla noia come sentimento sublime.
E. Munch, Malinconia, 1894-1896 |
G. Leopardi, Pensieri, LXVIII, 1831 – 1835, pubbl. postumi nel 1845:La noia è in qualche modo il più sublime dei sentimenti umani. Non che io creda che dall’esame di tale sentimento nascano quelle conseguenze che molti filosofi hanno stimato di raccorne, ma nondimeno il non potere essere soddisfatto da alcuna cosa terrena, né, per dir così, dalla terra intera; considerare l’ampiezza inestimabile dello spazio, il numero e la mole maravigliosa dei mondi, e trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell’animo proprio; immaginarsi il numero dei mondi infinito, e l’universo infinito, e sentire che l’animo e il desiderio nostro sarebbe ancora più grande che sì fatto universo; e sempre accusare le cose d’insufficienza e di nullità, e patire mancamento e voto, e però noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di nobiltà, che si vegga della natura umana. Perciò la noia è poco nota agli uomini di nessun momento, e pochissimo o nulla agli altri animali.
venerdì 11 dicembre 2015
La scuola a fondamento della democrazia
lunedì 7 dicembre 2015
Grand Tour
“Il Grand Tour ha una identità sovranazionale che riluce soprattutto negli spiriti più alti che vivono questa esperienza e tale carattere cosmopolita è un dato costitutivo fin dalle origini. L’Italia è per tutti costoro un’immagine femminile, è la “Mater Tellus” cantata da Lucrezio e la nutrice di un’esperienza spirituale e sensitiva unica: per questi motivi alla terra di Dante, Petrarca, Machiavelli, di Michelangelo e Raffaello, di Vivaldi e Farinelli, di Galileo e Aldovrandi è riservato un posto del tutto particolare nel Tour. L’Italia è a un tempo Parnaso, Campi Elisi e terra delle Esperidi. Due sono le coordinate che conviene seguire per darsi conto di questo viaggio iniziatico alla fonte del sapere e della bellezza. Ogni europeo rivive il mito di Ulisse, compone una sua Odissea che diviene Diary, Journal o Tagebuch. La sconfinata produzione letteraria è una testimonianza, memoria di un’avventura irripetibile che si ricorderà per tutta la vita e che si fa più vera e reale nel momento in cui viene narrata”.da IL GRAND TOUR E IL FASCINO DELL’ITALIA, di Cesare De Seta, inTreccaniScuola
“Mi decisi a intraprendere un così lungo e solitario cammino, alla ricerca di quel punto centrale verso cui mi attirava un’esigenza irresistibile […]. Tutti i sogni della mia gioventù li vedo ora vivere; le prime incisioni di cui mi ricordo […] le vedo nella realtà, e tutto ciò che conoscevo già da lungo tempo, ritratto in quadri e disegni, inciso su rame o su legno, riprodotto in gesso o in sughero, tutto è ora davanti a me; ovunque vada, scopro in un mondo nuovo cose che mi son note; tutto è come me l’ero figurato, e al tempo stesso tutto nuovo. […] “Ma, confessiamolo, è una dura e contristante fatica quella di scovare pezzetto per pezzetto, nella nuova Roma, l’antica; eppure bisogna farlo, fidando in una soddisfazione finale impareggiabile. Si trovano vestigia di una magnificenza e di uno sfacelo che superano, l’una e l’altro, la nostra immaginazione. Ciò che hanno rispettato i barbari, l’han devastato i costruttori della nuova Roma”. Roma, ottobre 1786, in J.W. Goethe,Viaggio in Italia
Vittorio Alfieri
Uom, di sensi, e di cor, libero nato, […] conscio a sé di se stesso, uom tal non degna l’ira esalar che pura in cor gli ferve; ma il sol suo aspetto a non servire insegna.V. Alfieri, Rime [1795]Sublime specchio di veraci detti, Mostrami in corpo e in anima qual sono: Capelli, or radi in fronte, e rossi pretti; Lunga statura, e capo a terra prono;Sottil persona in su due stinchi schietti; Bianca pelle, occhi azzurri, aspetto buono; Giusto naso, bel labro, e denti eletti; Pallido in volto, piú che un re sul trono:Or duro, acerbo, ora pieghevol, mite; Irato sempre, e non maligno mai; La mente e il cor meco in perpetua lite:Per lo piú mesto, e talor lieto assai, Or stimandomi Achille, ed or Tersite: Uom, se’ tu grande, o vil? Muori, e il saprai.9 Giugno [1786]V. Alfieri, Rime, LVI
TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d’impunità. E quindi, o questo “infrangi-legge” sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo. E, viceversa, tirannide parimente si dee riputar quel governo, in cui chi è preposto al creare le leggi, le può egli stesso eseguire. E qui è necessario osservare, che le leggi, cioè gli scambievoli e solenni patti sociali, non debbono essere che il semplice prodotto della volontà dei più; la quale si viene a raccogliere per via di legittimi eletti del popolo. Se dunque gli eletti al ridurre in leggi la volontà dei più le possono a lor talento essi stessi eseguire, diventano costoro tiranni; perché sta in loro soltanto lo interpretarle, disfarle, cangiarle, e il male o niente eseguirle. Che la differenza fra la tirannide e il giusto governo, non è posta (come alcuni stoltamente, altri maliziosamente, asseriscono) nell’esservi o il non esservi delle leggi stabilite; ma nell’esservi una stabilita impossibilità del non eseguirle. Non solamente dunque è tirannide ogni governo, dove chi eseguisce le leggi, le fa; o chi le fa, le eseguisce: ma è tirannide piena altresì ogni qualunque governo, in cui chi è preposto all’eseguire le leggi non dà pure mai conto della loro esecuzione a chi le ha create. Della tirannide, 1777
“Il mio nome è Vittorio Alfieri: il luogo dove io son nato, l’Italia: nessuna terra mi è patria” (dal Misogallo, 1793-1799).Le TRAGEDIE
venerdì 4 dicembre 2015
La pietà laica nello «Zibaldone». Una lezione d'amore in tempi di odio.
Placarlo, accettando l’altro, è la vera conquista. Oggi più che mai