Credo molto nelle potenzialità dei social network e vi sto di fatto spendendo le mie migliori energie. Sono convinta che una scuola 2.0 debba affiancare a un solido studio dei contenuti una diffusione degli stessi in un formato appetibile e soprattutto vicino alle modalità di comunicazione degli studenti, che di certo al giorno d'oggi non scrivono soltanto con carta e penna, ma ricorrono spesso alla leggerezza dei bits. Qualcosa che del resto già Calvino aveva preconizzato nelle sue Lezioni Americane.

Confrontarsi con il pubblico della comunità social, ben più vasto del microcosmo classe (e potenzialmente infinito), proponendo il proprio lavoro, significa per gli studenti sviluppare ottime doti di sintesi nell'esposizione dei contenuti e mantenere buon controllo ortografico. Non solo, essi devono imparare a scrivere in modo accattivante e spigliato, così da ottenere l'attenzione dei lettori, nonché variare il registro stilistico a seconda delle diverse situazioni comunicative.

martedì 23 settembre 2014

FRANCY’S DINNER (allegro ma non troppo)


Macinò la carne cruda con lo spezzatino e le patate, unì le uova , il prezzemolo, il formaggio, sale, pepe e noce moscata. Impastò bene. Scottò le verze in acqua bollente per 3 minuti. Su un tavolo cosparse di formaggio e sistemò le verze ben allargate. Battè il costone delle verze con il batticarne. Vi sistemò il ripieno, le avvolse e unì due alla volta fermandole con due stuzzicadenti. In una teglia sciolse il burro, mise gli involtini infarinati e li rosolò da entrambe le parti. Bagnò con del brandy, unì la salsa di pomodoro e il brodo di carne. Coprì con la stagnola e mise in forno già caldo a 180°C per 40 minuti . Li tolse dal forno ed eliminò gli stuzzicadenti.


Quando si sentì toccare sulla spalla lei, con un leggero sussulto, si voltò.
L’espressione sul suo viso era di totale inconsapevolezza.
D’altronde, come avrebbe potuto essere diversamente?
Non c'eravamo mai incontrate prima d’ora.
Anzi no, non era proprio esatto: soltanto lei non aveva idea di chi fosse quella che le stava di fronte.
Io, al contrario, conoscevo bene quel viso, quei capelli biondi.
L’avevo visto una sola volta, di sfuggita, in una vecchia fotografia.
Una di quelle immagini finto glamour da fotografo di periferia, col suo bell’abito bianco da sposa.
Eppure, una sola volta era bastata perché quel volto mi rimanesse piantato nella testa per sempre.
- Sì? - disse lei.
Inconsapevolezza e indifferenza.
Cretina.
- La prego, mi aiuti… è successa una cosa terribile… per favore… la macchina…
Stupore. Perplessità. Un lieve accenno di diffidenza ma non ancora paura.
Bene.
- Cos’è successo? A chi?
Le sue pupille si strinsero appena, mentre il suo sguardo passava dal mio viso alla strada deserta.
- La prego… presto, venga…il mio bambino…
Senso materno. Nessuna donna è immune.
Ti frega sempre.


Tritò finemente cipolla, sedano, carota e tostò il tutto con olio e burro per 10 minuti. Aggiunse la carne trita. Fece rosolare a fuoco forte per circa 10 minuti, aggiunse un bicchiere di vino rosso e dopo 10 minuti i pomodori pelati, sale e pepe.
Lasciò cuocere il tutto per circa 1 ora e quando il ragù fu pronto mise sul fuoco la pentola con l’acqua per le tagliatelle.



Quando il pesante pappagallo in alabastro le piombò sul cranio, il cuoio capelluto si aprì in un largo squarcio rossastro.
Dopo il secondo colpo il sangue iniziò a colarle sui capelli e lungo il collo.
Al quarto, l’osso occipitale cedette e i residui di materia grigia che ne fuoriuscirono si mescolarono a schegge d’osso, sangue e frammenti d’alabastro, formando una disgustosa poltiglia d’indefinibile colore scuro.
Accidenti. Una costosa messa in piega irrimediabilmente rovinata.
Un vero peccato.


Dopo aver fatto marinare la carne nel barolo per tutta la notte assieme alle carote, al sedano, alle cipolle, al prezzemolo, al sale ed al pepe, la scolò e la fece rosolare nel burro facendola colorire bene da tutti i lati a fuoco vivace. Quando fu ben dorata, ci versò sopra il barolo e le verdure della marinatura, fece riprendere il bollore e continuò la cottura a fuoco bassissimo per circa due ore. Trascorso il tempo, levò carote e cipolle con la schiumarola e le passò nel passaverdure assieme al sugo di cottura e riversò il tutto sulla carne. Continuò la cottura del brasato per ancora un’ ora, sempre a fuoco lento, girandolo abbastanza sovente. A cottura ultimata, tolse la carne dalla casseruola, assaggiò l'intingolo, regolò di sale e aggiunse una grattatina di noce moscata.


Tagliarla a pezzi, tutto sommato, fu meno facile di quanto mi aspettassi.
Mi ci volle un intero pomeriggio di lavoro ma, alla fine, parti inutilizzabili escluse, ne ricavai una trentina di sacchetti, tutti debitamente datati e numerati, da mettere dentro al congelatore.
Ne tenni giusto un paio da parte poi presi tutti gli avanzi, il grembiule e i guanti di gomma, li infilai in un sacco nero con maniglie chiudendolo per bene.
Lavai pavimento, attrezzi e suppellettili con acqua e candeggina e mi avviai, a piedi, rabbrividendo per il freddo pungente, verso il bidone dei rifiuti organici.


Preparò con cura la tavola, accese le candele, stappò il vino.
Qualche minuto più tardi il campanello suonò
- Ciao - gli disse.
- Ciao, amore
La baciò sulla bocca.
Lei gli rispose con consueta passione.
- mmmh…che profumino…
Si staccò da lui con un sorriso compiaciuto.
- Sopresa …
Quand’ebbero finito di mangiare lui accese una sigaretta per lei e per sé.
Poi le prese una mano e se la portò a contatto con la guancia.
- Com’era la cena? - gli domandò.
- Fa-vo-lo-sa - rispose lui con un sorriso.
Lei gli accarezzò il viso dolcemente.
Poi, come pentita di quell’improvviso gesto di tenerezza, ritrasse le dita e tentò un accenno di conversazione.
- Allora, tutto bene a casa? Tua moglie?
- Veramente non la sento da ieri. Doveva telefonarmi per farmi sapere a che ora andarla a prendere alla stazione ma non ha chiamato. Boh, avrà il cellulare scarico, come al solito.
- Vedrai che più tardi si farà viva…. Vuoi un caffè?





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