Credo molto nelle potenzialità dei social network e vi sto di fatto spendendo le mie migliori energie. Sono convinta che una scuola 2.0 debba affiancare a un solido studio dei contenuti una diffusione degli stessi in un formato appetibile e soprattutto vicino alle modalità di comunicazione degli studenti, che di certo al giorno d'oggi non scrivono soltanto con carta e penna, ma ricorrono spesso alla leggerezza dei bits. Qualcosa che del resto già Calvino aveva preconizzato nelle sue Lezioni Americane.

Confrontarsi con il pubblico della comunità social, ben più vasto del microcosmo classe (e potenzialmente infinito), proponendo il proprio lavoro, significa per gli studenti sviluppare ottime doti di sintesi nell'esposizione dei contenuti e mantenere buon controllo ortografico. Non solo, essi devono imparare a scrivere in modo accattivante e spigliato, così da ottenere l'attenzione dei lettori, nonché variare il registro stilistico a seconda delle diverse situazioni comunicative.

martedì 4 novembre 2014

Francesco Petrarca

Sonetto CXXXII
S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento?
Ma s’egli è amor, perdio, che cosa et quale?
Se bona, onde l’effecto aspro mortale?
Se ria, onde sí dolce ogni tormento?
S’a mia voglia ardo, onde ’l pianto e lamento?
S’a mal mio grado, il lamentar che vale?
O viva morte, o dilectoso male,
come puoi tanto in me, s’io no ’l consento?
Et s’io ’l consento, a gran torto mi doglio.
Fra sí contrari vènti in frale barca
mi trovo in alto mar senza governo,
sí lieve di saver, d’error sí carca
ch’i’ medesmo non so quel ch’io mi voglio,
et tremo a mezza state, ardendo il verno.
Laura incorona Petrarca, miniatura da un codice del Canzoniere databile al XV secolo.

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