Credo molto nelle potenzialità dei social network e vi sto di fatto spendendo le mie migliori energie. Sono convinta che una scuola 2.0 debba affiancare a un solido studio dei contenuti una diffusione degli stessi in un formato appetibile e soprattutto vicino alle modalità di comunicazione degli studenti, che di certo al giorno d'oggi non scrivono soltanto con carta e penna, ma ricorrono spesso alla leggerezza dei bits. Qualcosa che del resto già Calvino aveva preconizzato nelle sue Lezioni Americane.

Confrontarsi con il pubblico della comunità social, ben più vasto del microcosmo classe (e potenzialmente infinito), proponendo il proprio lavoro, significa per gli studenti sviluppare ottime doti di sintesi nell'esposizione dei contenuti e mantenere buon controllo ortografico. Non solo, essi devono imparare a scrivere in modo accattivante e spigliato, così da ottenere l'attenzione dei lettori, nonché variare il registro stilistico a seconda delle diverse situazioni comunicative.

mercoledì 11 dicembre 2013

Storia dei dinosauri (una giustificazione dell'estinzione di una specie)


Allungato su una roccia, il dinosauro si scaldava al sole. Contemplava soddisfatto il selvaggio territorio sul quale dominava incontrastato. Stiracchiandosi indolente, inarcò il dorso crestato irto di corni e aculei; e gettò uno strido orrendo, che rimbalzò imperioso dalle rupi massicce alle valli boscose. 

Intanto, sopra un albero vicino, giunse e sostò una scimmia. 
“Ascolta, dinosauro; ti porto una notizia sorprendente” disse tutta eccitata. “Questo è un giorno importante: perché una specie diversa è sorta sulla terra. Mi capisci?” 
“Sì, sì” rispose il rettile sbadatamente. “E’ un fatto naturale. Non c’è nulla di strano in tale annuncio”. 
“Non hai compreso” ribadì la scimmia. “Dicendo che si tratta di una specie diversa, voglio significare che essa è anomala e inclassificabile. Ascolta attentamente: quest’ oggi è nato l’uomo”. 
“E allora?” replicò il dinosauro con un ghigno di scherno. “E’ l’ultimo arrivato sul pianeta, il rimasuglio scarno della dura evoluzione”. 
“Per lui si parlerà di creazione”. 
“E che vuol dire?” 
“Che verrà messo al centro di un evento singolare e inesplicabile”. 
“Quello che non si spiega, deperisce. L’uomo sarà l’anemico esponente di una specie avvilita, fiacca e ritardataria”. 
“Sarà, invece, magnifico e temibile come la tempesta”. 
“E’ più forte di me?” 
“E’ assai più debole”. 
“Ha denti più terribili dei miei?” 
“Li ha più fragili e scarsi”. 
“Dispone, forse, di artigli più affilati?” 
“Non ne possiede affatto”. 
“E, quindi, che può fare?” 
“Cose inimmaginabili e superbe, più tremende del suono, più dolci dell’aurora, più folli e sconvolgenti del fulmine e del vento. E’ sfornito di pinne; eppure nuoterà nelle viscere del mare. E’ privo di ali; eppure volerà oltre i limiti del cielo. Non ha becchi taglienti, né morsi velenosi, né aguzzi pungiglioni; eppure farà conquiste incomparabili, dagli spazi terrestri ai valichi stellari”. 
“Noi altri abbiamo vinto e asservito tutto quello che vegeta e che vive. Siamo noi i colossi della selezione naturale, i signori indiscussi del mondo intero. Nessuno oserà spodestarci”. 
“L’uomo vi annienterà”. 
“Come potrà, quell’infimo animale, sconfiggere i giganti della fauna?” 
“Egli ha un potere magico”. 
“Tu mi racconti favole”. 
“Io predico la storia”. 
“Ah, ah, ah…ridacchiò il dinosauro, corrugando il grugno viscido e possente. Sei la solita burlona. Ma basta con le ciarle”. 
“Vuoi venire con me?” gli propose la scimmia. “Io ti posso condurre dove si trova l’uomo. E tu potrai vederlo di persona”. 
“Va bene” accondiscese il dinosauro. “Facciamo quattro passi. Sono proprio curioso di osservare dappresso questa pallida bestia senza penne, senza squame e senza zanne”. 
Dondolando con lentezza il corpo mastodontico e spaventoso, seguì la scimmia fino a una caverna; e, in quella tana misera, vide il piccolo uomo nudo e inerme. 
Stava per rigirarsi con supremo disprezzo quando incrociò il suo sguardo; e un brivido gli corse per la schiena. 
In quegli occhi fluttuavano scintille indefinibili, un misto di ferocia e tenerezza, qualcosa di sublime e inquietante. Quelle iridi esprimevano una ignota intelligenza. Dalle pupille umane scaturiva un miracolo ineffabile. 



Di colpo, il dinosauro intese appieno le presaghe parole della scimmia. 
Rimase immobile per qualche tempo, agghiacciato dalla immane e minacciosa rivelazione. Poi si mise in cammino per recare il messaggio alle varie tribù dei grandi sauri. 
Andava per gli anfratti e le radure, negli spiazzi e nelle valli, sopra i picchi e le scogliere; e diceva gravemente ai propri simili: “Dobbiamo misurarci con un nuovo nemico. Egli, però, appartiene a una specie imbattibile. Soccomberemo lottando con lui, poiché non è possibile combattere un mistero. Io l’ho visto e vi ammonisco: l’uomo è straordinario, unico, inimitabile. Insomma, ci troviamo a fronteggiare un rivale insuperabile. Non ci resta che cedere lo scettro o rinunciare alla riproduzione”. 
I grandi sauri conobbero, pertanto, la comparsa dell’uomo sulla terra, la presenza del sommo antagonista dalle capacità stupefacenti. 
Tutti loro (padroni illimitati delle piane e delle alture, di quello che scorreva e di quello che stormiva, di ogni cosa guizzante e senza moto) fremettero di orgoglio e gelosa impotenza. 
Allora condivisero il proposito estremo del profetico araldo, venuto a proclamare il drammatico futuro. 
Prevedendo il giogo umano, non volendo accettarlo ma non potendo infrangerlo, essi unanimi decisero di estinguersi. 
E scomparvero per sempre. 

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