Un dato assolutamente
imprescindibile per la comprensione del fenomeno culturale europeo e italiano
della seconda metà dell’Ottocento è la diffusione della mentalità e della
filosofia positivistiche, alimentate dal successo dell’economia e dello
sviluppo industriale.
All’origine del positivismo c’è
il pensiero del filosofo francese Auguste Comte (1798-1857) che aveva indicato
nello stadio “positivo” dominato dalla scienza quello più progredito cui
l’umanità è giunta nel corso del suo sviluppo.
Studiando lo sviluppo
dell’attività intellettuale in tutte le sue differenti sfere, Comte ritiene di
avere scoperto una legge fondamentale, esposta nel “Corso di filosofia
positiva”, secondo la quale ogni conoscenza passa attraverso tre stadi teorici
diversi: quello teologico, quello metafisico e quello scientifico o positivo.
Nello stadio teologico lo spirito
umano, impegnato nella ricerca
dell’essenza delle cose, delle cause prime e ultime dei fenomeni, ricorre
ancora, per le sue spiegazioni, all’intervento diretto di agenti
soprannaturali.
In quello metafisico sostituisca
ad essi alcune forze astratte.
Nello stadio positivo lo spirito
umano, riconoscendo l’impossibilità di ottenere nozioni assolute, rinuncia a
cercare l’origine dell’universo e a conoscere le cause ultime dei fenomeni, per
dedicarsi totalmente ed esclusivamente, servendosi dell’osservazione e del
ragionamento, alla scoperta delle loro leggi effettive, cioè delle loro
relazioni invariabili. La scienza, dunque, deve spiegare come un fenomeno si
manifesta, cercando le leggi che ne determinano l’esistenza.
All’interpretazione ciclica della
storia del pensiero greco, secondo la quale le vicende umane percorrono uno
sviluppo che segue i processi naturali di nascita, crescita e morte (dopo la
quale ricomincia un nuovo ciclo) e alla concezione cristiana della storia come
luogo della manifestazione di Dio sotto forma di Provvidenza, il positivismo
oppone l’ideologia del progresso, secondo la quale le epoche storiche sono
tappe successive per avvicinarsi all’ “età della scienza”, meta finale dello
sviluppo dell’umanità.
L’idea positivista di un
progresso inarrestabile comporta una visione ottimistica della realtà e, in
molti casi, un’interpretazione favorevole della società industriale. Non
mancano tuttavia nel mondo intellettuale le denunce dell’oppressione del
capitalismo, che sacrifica molte vite umane in nome del profitto e
dell’adesione ai principi del marxismo, con una radicale messa in discussione
del sistema economico e sociale dominante e la proposta di una società senza
classi.
Accanto alla tendenza “sociale”
del positivismo di Comte, si afferma una tendenza “evoluzionistica”, il cui
frutto più noto in campo scientifico è rappresentato dalle teorie di Charles
Darwin. Con evoluzionismo si indica quella concezione per la quale tutti gli
organismi viventi obbediscono a una legge di continua evoluzione da stadi
inferiori a stadi superiori.
Nel trattato “Sull’origine delle
specie” (1859) Darwin ipotizza che la vita apparve in principio in forme molto
semplici, che si modificarono via via secondo il principio della “selezione
naturale”: si salvarono dalla estinzione solo quelle specie che seppero
sviluppare (per mutazione genetica) e trasmettere ai loro discendenti
caratteristiche adatte a sopravvivere in un ambiente che, nel corso di migliaia
di anni, andava profondamente modificandosi.
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