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STORIA D’ITALIA.
Vi siete mai chiesti perché l’Italia non ha avuta, in tutta la sua storia – da Roma ad oggi – una sola vera rivoluzione ? La risposta – chiave che apre molte porte – è forse la storia d’Italia in poche righe. Gli italiani non sono parricidi; sono fratricidi. Romolo e Remo, Ferruccio e Maramaldo, Mussolini e i socialisti, Badoglio e Graziani… (…) Gli italiani sono l’unico popolo (credo) che abbiano, alla base della loro storia (o della loro leggenda) un fratricidio. Ed è solo col parricidio (uccisione del vecchio) che si inizia una rivoluzione. Gli italiani vogliono darsi al padre, ed avere da lui, in cambio, il permesso di uccidere gli altri fratelli.
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Gli strilli acutissimi dei bimbi in cuna … ricordano, molto da vicino, i: Presto Francia! Presto Polonia! di Adolfo Hitler.
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PATRIOTTISMO, NAZIONALISMO E RAZZISMO stanno fra loro come la salute, la nevrosi e la pazzia.
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Svevo poteva scrivere bene in tedesco; preferì scrivere male in italiano. Fu l’ultimo omaggio al fascino assimilatore della “vecchia” cultura italiana. E’ la storia dell’amore- prima della “redenzione”- di Trieste per l’Italia.
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Dio dei Tedeschi (ritratto eseguito nel 1933). Con quei baffetti sotto il naso, e quella smorfia facciale, come fiutasse sempre…un cattivo odore. E lo fiuta infatti. Non gli viene – come egli crede – dall’esterno ( da comunisti, ebrei, polacchi ed altri popoli slavi, intellettuali di destra e di sinistra, francesi degeneri, e via discorrendo… fino a comprendere tutto il mondo abitato) ma solo da lui, dal suo dentro. E’ una malattia, ma una brutta malattia; ed anche – allo stato attuale della scienza – in guaribile. Si chiama paranoia.
(Da Saba- Scorciatoie e raccontini-. Einaudi)
EROS
Sul breve palcoscenico una donna
fa, dopo il Cine, il suo numero.
Applausi,
e scherno credo, ripetuti.
In piedi,
del loggione in un canto, un giovinetto,
mezzo spinto all’infuori, coi severi
occhi la guarda, che ogni tratto abbassa.
È fascino? È disgusto? È l’una e l’altra
cosa? Chi sa? Forse a sua madre pensa,
pensa se questo è l’amore. I lustrini
sul gran corpo di lei, col gioco vario
delle luci l’abbagliano. E i severi
occhi riaperti, là più non li volge.
Solo ascolta la musica, leggera
musichetta da trivio, anche a me cara
talvolta, che per lui si è fatta, dentro
l’anima sua popolana ed altera,
una marcia guerriera.
Oskar Kokoschka, Bambini che giocano, 1909 |
Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un'oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene che va
dall'osteria alla casa o al lupanare
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l'infinito
nell'umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore.
la tumultuante giovane impazzita
d'amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s'agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.
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